Quando idee giuste e ben strutturate vengono presentate, è bene aderirvi, da qualunque parte esse provengano. Perciò “Fano a 5 stelle” si assocerà alla manifestazione del 18 settembre, contro l’ospedale unico e per il potenziamento degli ospedali di Fano e Pesaro, organizzata dal Consigliere Regionale D’Anna. Perché questa scelta? Parlando con tante persone e ascoltando anche esperti nel settore si evince come nella nostra Provincia non serva un mega ospedale unico, ma un servizio sanitario territoriale di qualità. La scelta è importante: accentrare in un’unica struttura (non si sa dove e se ci sono tutti i soldi) alcune eccellenze ospedaliere, o cercare di potenziare la prevenzione, la diagnosi precoce e i servizi territoriali in modo diffuso ed efficace. Le stesse eccellenze che si prospettano per l’ospedale unico potrebbero essere realizzate in modo intelligente nelle due strutture ospedaliere già presenti a Fano e a Pesaro.
La riorganizzazione dirigenziale ed organizzativa dell’ospedale unico (come concetto amministrativo e non fisico) è in via di definizione. Questo servirà ad analizzare in modo scientifico e preciso gli sprechi e le disorganizzazioni delle strutture, al fine di coordinare le strutture stesse, ammodernarle nel campo della prevenzione, diagnosi e cura, assieme a una maggiore formazione del personale. In questo modo si otterrà un servizio di alta qualità e una presenza nel territorio sempre più capillare: un vero servizio sanitario cerca in tutti i modi di fare arrivare il meno possibile in ospedale le persone. Oltretutto un’esigenza in crescita, vista la presenza sempre più grande di una popolazione anziana che ha primariamente bisogno di essere assistita anche a casa.
Con i soldi che sarebbero serviti per l’ospedale unico si potrebbero potenziare quelli esistenti in un’ottica di riorganizzazione e di qualità, abbattendo i costi di gestione. Di questo ne beneficerebbero tutti i cittadini. Di una nuova costruzione (per la quale già i sindaci di Fano e Pesaro stanno affilando i coltelli) non ne beneficeranno i cittadini, ma i costruttori e le lobby di potere ospedaliere e infrastrutturali. Chiediamo che l’amministrazione fanese si assuma le sue responsabilità per una scelta decisa e non fumosa, in attesa di non si sa che cosa. La vera politica deve rientrare a far parte del DNA di Fano.
Non è solo una questione degli ospedali di Fano e Pesaro ma di tutte le strutture locali. Le modalità con cui operano lorsignori sono ormai note: depotenziare gli ospedali locali in prima battuta, chiuderli poi con la scusa della maggior efficienza e quindi creare il grande polo ospedaliero.
Tradotto in italiano vuol dire semplicemente speculazione edilizia con tanto di tangenti ed infiltrazioni mafiose.
La situazione della sanità marchigiana è chiara: ogni volta che succede qualcosa di grave parte l’eliambulanza dal Torrette. Hanno già demolito la sanità locale, ora vogliono toglierci anche quel poco che ci resta.
E pensare che il presidente della provincia Ricci si è preso pure una barca di voti…
Ragazzi, bisogna agire con preparazione per affrontare un tema così delicato. E per questo bisognerebbe recuperare il massimo di informazioni e di esperienze possibile. Io sono per l’ammodernamento e il miglioramento continuo delle strutture attuali, facendo una rete di servizi.
Per fare questo occorrono le competenze delle persone. Medici, Primari, Infermieri, ecc. oltre alle strutture. Gente non nominata dai politici ma assunti per concorso pubblico, con curriculum pubblico, con prove pubbliche. Con la trasparenza più completa.
Per le strutture, per esempio, ci sono società che le ristrutturano in poject financing (ma la sanità deve rimanere PUBBLICA) da anni con i migliori criteri internazionali.
Guardate questa società, per esempio, una volta era del gruppo della SnamProgetti:
http://www.inso.it/progetti.php?anaid=123
Dovremmo vedere gli ospedali che hanno ristrutturato in Toscana e in Italia e quelli che sono fatti meglio. Imparare i criteri, pensare al futuro.
Lo spazio dentro l’attuale perimetro del S. Croce c’è. E anche vicino, utilizzando per esempio il parcheggio dietro e allargando verso il mare. Chiedere alla regione un progetto per Fano, uno per Pesaro. Uno per ogni ospedale esistente. Poi magari avere una rete di servizi ben dimensionata e rafforzata per un territorio con anziani sempre in numero maggiore. Allora non saremmo più considerati con disprezzo “apprendisti stregoni”.
una notiziola fresca in tema:
Oltre 300 milioni per l’ospedale di Bergamo Ma il gioiello di Formigoni è già sott’acqua
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La struttura è stata incredibilmente costruita su una zona paludosa. Per questo l’inaugurazione, prevista per la scorsa primavera, è stata rinviata al 2011
Un ospedale costruito sopra un ex palude. Fondamenta infilate nell’acqua. E quell’acqua ora ha già infiltrato alcune sale della stessa struttura. La situazione dura da tempo e capita all’avveniristico ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, opera da 340 milioni di euro per 1.200 posti letto. Un bel pasticcio per quello che il governatore Roberto Formigoni ha definito “un fiore all’occhiello della sanità lombarda”. Sì perché i lavori di consolidamento, pensati e calcolati, non sono sufficienti a contenere la falda. Conclusione inevitabile: l’inaugurazione prevista per la per la primavera 2010, spostata a quest’inverno, slitta verso la fine dell’estate 2011. Un’altra grana per il nuovo ospedale, già finito sotto la lente della procura per una vicenda che riguarda presunte irregolarità in alcuni capitolati d’appalto relativi alla fornitura di attrezzature.
Nel Papa Giovanni XXIII Regione Lombardia ha investito prestigio e soldi. Mettendoci 14 milioni di euro (il resto arriveranno dallo Stato e dall’alienazione dell’area del vecchio ospedale), più una ventina per le apparecchiature. E’ una vera disdetta che adesso l’acqua sia affiorata sotto la torre cinque, vicino alle cabine elettriche che dovranno alimentare la cardiochirurgia.
Si poteva prevenire l’inconveniente? Probabilmente sì. Ad esempio costruendo l’ospedale alla Martinella, la zona individuata inizialmente per il collocamento della grande opera.
Ma alla fine i politici optarono per l’umidissima area della Trucca. Contro il parere degli stessi estensori del vecchio piano regolatore. Interpellato dal quotidiano online Bergamonews, l’architetto Vittorio Gandolfi lo ha detto chiaro e tondo: quel terreno ai piedi dei colli tende a inzupparsi d’acqua. “Era cosa notissima, bastava chiederlo ai contadini che si vedevano spesso i campi inondati”. Il consiglio comunale però non tenne conto del parere degli esperti. “Avevamo esplicitamente espresso tutte le nostre perplessità – precisa Gandolfi – mentre per l’allora direttore generale l’ubicazione era indifferente. Alla fine hanno scelto la Trucca, contro il nostro parere”.
Il risultato è che ora serviranno tempo e altri soldi per rendere perfettamente impermeabili i sotterranei del nuovo ospedale. Soldi che il direttore generale degli Ospedali Riuniti Carlo Bonometti non vuole scucire, rimpallando la responsabilità alla ditta incaricata dei lavori.
“Il fenomeno è molto contenuto, ma abbiamo il dovere di esigere che ci venga consegnata un’opera senza la minima imperfezione – spiega – Che la zona avesse certe caratteristiche idrogeologiche è noto da sempre, tanto che fin dall’accordo di programma del 2000 fu inserita un’indagine in tal senso tra i documenti ufficiali del concorso internazionale di progettazione. Ora occorre individuare le cause di queste infiltrazioni e abbiamo già disposto una perizia. Certamente se qualcuno ha sbagliato non sarà l’azienda ospedaliera ad assumersi ulteriori oneri”.
Ma la Trucca non pare il posto ideale per costruirci un ospedale non solo per via della falda. Il Papa Giovanni XXIII sorge sulla rotta di decollo del trafficatissimo aeroporto, che dista meno di 4 chilometri. Quando se ne sono accorti, quelli dell’Enac hanno modificato la traiettoria di partenza, obbligando i piloti a una secca virata. La scusa è stata quella del rumore: peccato che ora gli aerei sorvolino i tetti del quartiere di Colognola, spingendo gli abitanti sull’orlo dell’esaurimento nervoso. Non è finita. A Mozzo, a un chilometro e mezzo in linea d’aria, c’è una fabbrica chimica inserita nella lista delle aziende a rischio di incidente rilevante. “L’ho fatto presente anche in Regione: l’ospedale è a un tiro di schioppo” osserva Giulio Peroni, sindaco del paese, che non risparmia nemmeno gli ambientalisti: “Vogliono il verde ma non si preoccupano per eventuali nubi tossiche…”. Insomma, forse il Papa Giovanni XXIII era meglio costruirlo altrove.
fonte:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/24/oltre-300-milioni-per-lospedale-di-bergamo-ma-il-gioiello-di-formigoni-e-gia-sottacqua/64043/