La mozione popolare che chiedeva al nostro consiglio comunale di esprimere parere contrario al progetto di ospedale unico fra Fano e Pesaro è stata ieri bocciata quasi unanimamente. Unici voti favorevoli quello di Luciano Benini di “Bene Comune” e quello di Hadar Omiccioli di “Fano 5 stelle”.
La motivazione del Sindaco Aguzzi è stata cristallina, votare – ha detto – contro l’ospedale unico significa votare contro l’Azienda Marche Nord che per quell’obiettivo è nata. Del resto – ha anche motivato – in base al decreto Balduzzi, diventato legge, ospedali con bacino di utenza sotto i 150.000 abitanti, non potrebbero essere dotati di molti reparti indispensabili, come una rianimazione, una traumatologia o un ostetricia, quindi sia Fano che Pesaro senza l’unificazione avrebbero dovuto ridimensionare la propria dotazione.
Certo l’integrazione funzionale dei due ospedali rappresenta anche per noi un punto di non ritorno e la nostra mozione non intendeva metterla in discussione. Rifiutare il progetto di un unico edificio che chiuderebbe gli attuali 3 nosocomi S. Croce, Muraglia e S.Salvatore non vuol dire rimettere in discussione la necessaria integrazione fra questi, ma neanche vuol dire che questa per realizzarsi compiutamente debba farlo sotto un unico tetto. Crediamo sempre che si possa perseguire l’obiettivo di una buona organizzazione senza sprechi lasciando le 3 attuali ubicazioni, garantendo un’operatività sinergica, in rete. E questa, noi crediamo, si possa estendere a tutti gli attuali ospedali della provincia governandoli sotto l’unica regia dell’Area Vasta, facendo a meno dell’azienda ospedaliera Marche Nord e quindi garantendo anche una perfetta aderenza ai bisogni dell’utenza provinciale, senza che si configuri, come adesso, un rapporto fra ente erogatore (Marche Nord) e committente (Area Vasta 1).
Integrare vuol dire, come hanno fatto in Romagna, unificare la direzione, la gestione del personale, gli acquisti, il laboratorio analisi, cioè tutti quei servizi di retrolinea degli ospedali che non si rivolgono direttamente al paziente e non hanno necessità di essergli vicini. Vuol dire anche conservare nei principali ospedali i reparti di base differenziando selettivamente gli altri, prevedendo unici primari che sovraintendano agli stessi reparti ubicati su sedi diverse e prevedendo quindi anche la mobilità sul territorio delle equipe mediche.
Ancora una volta ribadiamo che la buona sanità (e il servizio di “presa-diretta” di domenica scorsa su RAI3 l’ha dimostrato) non è fatta di muri nuovi ma dalle buone pratiche e da un’organizzazione che metta al centro i bisogni del cittadino, l’unico risparmio in sanità è quello che raggiunge l’obiettivo di una migliore qualità della vita di tutti e per questo anzichè concentrare tutti gli sforzi in un unico ospedale bisogna estendere i servizi sul territorio garantendo la continuità assistenziale migliorando e avvicinando l’offerta di prevenzione, diagnosi e riabilitazione che sgrava l’ospedale da funzioni improprie rendendo più agevole la sua missione elettiva, la cura del malato in fase acuta.