La rivoluzione era cominciata con un piumino blu, da “uomo mascherato”, con tanto di occhiali incorporati per proteggersi dalle intrusioni dei, non amati, giornalisti.
Un “capo” ultratecnico diventato presto iconico al punto da essere ribattezzato “il piumino di Grillo”. Qualche giorno dopo anche Pier Silvio Berlusconi venne fotografato con la stessa giacca e il leader a Cinque Stelle la relegò nell’armadio.
Beppe Grillo, da uomo di comunicazione quale è, e lo ha ribadito anche oggi mettendo l’accento sui suoi 30 anni di televisione, sa che la politica è fatta anche di dettagli. E non è un caso che si sia presentato al Quirinale, e poi in conferenza stampa in Senato, con un completo grigio e una cravatta blu. L’effetto immediato era di straniamento e la mise è stata molto commentata anche sui social media.
Soprattutto perché il leader del movimento indossava l’abito che, proprio oggi, i suoi senatori hanno scelto di togliere per protestare contro la sospensione dei lavori per l’intera giornata su richiesta del Pdl per l’udienza Mediaset, fissata in Cassazione il 30 luglio.
Ma il capo è lui e per parlare con il presidente della Repubblica, a cui non sempre si è rivolto con deferenza, si è vestito di formalità, ma è solo forma, appunto, anche se inevitabilmente cattura l’attenzione.
La sostanza e la retorica rimangono le stesse. Toni accesi, battute sul wi-fi e sulla centralità della rete, strali contro la stampa.
Beppe Grillo è arrivato al Colle con i capigruppo Nuti e Morra, a sorpresa c’era anche il guru Casaleggio. “È un uomo schivo, un manager, non so se vorrà attivarsi in qualche ruolo istituzionale; ma non credo” ha fatto sapere l’ex comico. Al Capo dello Stato Grillo ha espresso le preoccupazioni sulla situazione politica e economica del Paese e ha chiesto di andare in tv a dire la verità sulla situazione italiana. Ai giornalisti, invece, ha riservato il consueto fervore: “Dovreste vergognarvi, i primi precari che pagheranno sarete voi perché le vostre testate chiuderanno”. Poi ha ripreso il ruolo di guida, di paciere in giacca e cravatta e ha moderato i toni: “La gente vuole prendere i fucili, i bastoni e sono io a dire proviamo ancora con i metodi democratici”.
E ancora ha incalzato “Il Paese è in macerie, è una pentola pronta a scoppiare. Occorrono misure urgenti e straordinarie pari a quelle di un’economia di guerra”.
La retorica a Cinque Stelle aveva il piglio d’attacco di sempre, ma oggi, guardando il nostro Parlamento, a Grillo, che lo si ami o lo si odi, che lo si riconosca o meno in quel completo grigio, un po’ veniva da dargli ragione. Almeno sullo sfacelo del Paese.