Come in tutte le situazioni in cui confliggono diritti e doveri, non è utile, secondo noi, fare il tifo, ma cercare di prendere una posizione di equilibrio.
Abbiamo seguito con maggiore attenzione tutto il percorso della Rocca a partire dallo scorso anno. Ci sembra che non sia vero il fatto che l’associazione Work in Progress avrebbe chiuso le porte alla partecipazione. Ha anzi cercato di dare la massima disponibilità e apertura alle associazioni. I casi che sono emersi (Accolta dei Quindici, Regresso Arti e Alternativa Libertaria) hanno avuto tutte evoluzioni peculiari. Seguendo l’iter di affidamento della Rocca alla Work in Progress è sembrato che solo Work in Progress potesse gestire la Rocca dati i costi e le forze che la gestione richiedeva. Si fece tuttavia un percorso (rinnovato quest’anno) per cui tutte le associazioni potessero intervenire nella programmazione. In poche parole Work in progress sta gestendo la Rocca perché è forse l’unica associazione che poteva farlo alle condizioni chieste dal Comune: a costo zero, con assunzione di alcune responsabilità su quello che accadeva da parte dei ragazzi, con limiti strutturali della Rocca molto stringenti (max 99 persone, divieto di fare pubblico spettacolo). Ma forse è meglio chiedersi: Work in progress forse era l’unica associazione disponibile a prendere in gestione la rocca perché gli altri erano pigri o perché la condizione irrinunciabile era di farlo necessariamente quasi nell’illegalità? E in questo caso non si configurerebbe una sorta di ricatto? Da quello che sappiamo i ragazzi hanno accettato un rischio grosso: fino a che va tutto bene, tutto fila liscio, ma se qualcosa dovesse andare storto loro hanno una responsabilità non indifferente. E siccome l’hanno accettata a costo zero, hanno anche cercato di trovare delle scappatoie ad alcune norme (alcune esagerate, altre legittime), con la connivenza del Comune che ha chiuso un occhio. Rendendosi conto che il loro investimento di forze e energie non solo non era remunerato, ma in perdita, hanno optato per vendere bevande per autofinanziarsi, forse non per lucrare.
L’unica cosa veramente grave avvenne nel 2012, quando il progetto di Work in Progress fu inserito dentro un bando regionale per la partecipazione giovanile da 150000 euro. Questo sì, fu arbitrario perché non ci fu alcun coinvolgimento dell’associazionismo giovanile fanese. Ma il Comune non vinse quel bando, non ci andò nemmeno vicino.
La situazione attuale non vede alternativa: o mantenere l’apertura in una zona grigia tra legalità o illegalità affidandola a Work in Progress o chiudere la Rocca. Perché di fare un bando non se ne parla: per fare un bando la Rocca va messa a norma e per mettere la Rocca a norma servono fondi. Con i limiti attuali messi nero su bianco, nessuno si farebbe avanti a gestire il bene a costo zero.
La cosa grave è la totale irresponsabilità dell’assessorato che ha scaricato sui ragazzi molti rischi. Inoltre se domani Work in Progress si stancasse di gestire la Rocca, la Rocca forse morirebbe di nuovo. La nostra posizione può solo essere quella di fare luce su cosa è a norma e cosa non lo è (il bar, per esempio, pare non essere in regola), trovare strade e finanziamento perché il bene diventi a norma. Ma fino a che non si arriva alla messa a norma del bene l’equilibrio tra regole e vita della Rocca rimane precario.