Non ci sorprendono le dimissioni della Presidente di Aset Holding Susanna Testa, arrivate a pochi giorni dalla scadenza naturale del suo mandato. Evidentemente ha voluto dare un segnale tangibile della frustrazione delle aspettative dei vertici e del personale dirigente della società che rappresenta in relazione alla piega che ha preso il progetto di fusione con Aset Spa. Esso vede la Holding come incorporata, e quindi in posizione di debolezza rispetto alla più robusta incorporante Aset Spa, nonostante che il parere dell’Advisor dell’operazione, lo Studio Boldrini di Rimini, fosse stato di avviso contrario.
D’altro canto, come mai in commissione Garanzia e Controllo la Presidente di Aset spa, Lucia Capodagli, ha risposto così piccata alle nostre osservazioni sui presunti vantaggi di questa operazione di fusione? Presentandoci, con una certa boria, uno scenario tutto rose e fiori, con risparmi di milioni di euro e efficientamento dei servizi?
Nella realtà, come ben evidenziato nel documento prodotto dall’Advisor, svolgendo le due società attività operative diverse, e non essendo giustamente previsti tagli del personale, le tanto declamate grandi economie di spesa derivanti dalla fusione sono in realtà irrisorie, riguardando, quelle effettive, solo la riduzione di alcune funzioni di staff (organo amministrativo, organo di controllo, alcuni servizi amministrativi e finanziari). Tali risparmi di spesa sarebbero sostanzialmente vanificati dagli ingenti costi della fusione, quantificati dall’Advisor in poco meno di 800.000 Euro, sommando costi diretti ed indiretti.
I vantaggi economici effettivi dell’operazione di fusione deriveranno sostanzialmente solo da maggiori ricavi ottenibili da un possibile incremento delle tariffe del servizio idrico per la componente Capex (componente che remunera il capitale investito dal gestore del servizio, che con la fusione aumenta per l’incorporazione delle reti idriche). Quindi, se vantaggi economici ci saranno, saranno basati sull’onere ai cittadini.
Il corposo piano industriale di fusione presentato successivamente al parere dell’Advisor (documento di 150 pagine, per tre quarti frutto di un’operazione di copia/incolla di documenti tecnici forniti dalle due società e con sole 2 pagine budget economico, peraltro senza convincenti elementi di fatto a supporto delle previsioni) nulla aggiunge alle conclusioni dell’Advisor sugli aspetti economici e finanziari, che vengono riprese in toto. In tale ultimo documento vengono indicate economie di gestione che, a ben vedere, sono solo frutto di mancato turnover di personale in via di pensionamento, ovvero assunzioni in realtà già vietate per legge dal decreto Madia fino al 31.12.2018. Viene inoltre indicato un vantaggio economico per la riduzione della componente FoNI nella tariffa del servizio idrico, che non è un risparmio finanziario effettivo, ma solo la possibilità di effettuare meno accantonamenti obbligatori al Fondo per Nuovi Investimenti. Quindi utili e dividendi più alti, ma meno patrimonio ed investimenti.
Infine, tra gli investimenti significativi, oltre all’impianto anaerobico di compostaggio di rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata di capacità di 15.000 ton/anno, che ci sembra un investimento giusto e doveroso, viene previsto un grande impianto di trattamento meccanico-biologico di rifiuti urbani indifferenziati (TMB) da 47.000 ton/anno, sul quale abbiamo molte perplessità. In un mondo che sempre più corre verso una raccolta differenziata spinta e tende alla filosofia “rifiuti zero”, ha senso ancora costruire grandi impianti di trattamento di rifiuti indifferenziati, il cui output comunque in massima parte è materale biostabilizzato che finisce in discarica o come CDR in termovalorizzatori/inceneritori?