L’ex Mulino Albani è quel tipo di spazio che ogni amministrazione lungimirante oggi cerca in una città, per avviarne una case history di rigenerazione urbana e farlo diventare un nuovo fulcro vitale per la città stessa: uno spazio dalla forte identità storica, in una posizione pressoché eccezionale, vicino alla stazione ferroviaria, a ridosso del centro storico e a poca distanza dal mare, che ad oggi risulta prossimo alla demolizione, per essere sostituito da un nuovo centro commerciale! Fano perderà un luogo denso di storia e di memoria, cancellato con un rigo di penna e sostituito dall’ennesimo non-luogo, che potrebbe star bene lì come in altri innumerevoli posti.
Possibile che non ci fossero alternative?
In una posizione del genere, un bene architettonico di questo valore avrebbe avuto un potenziale formidabile, prestandosi alle più disparate funzionalità, anche in modalità ibride (factory di sperimentazione artistica, centro espositivo, museo di archeologia industriale… mancano le idee?). Anche alcune classi del liceo Torelli nei mesi scorsi hanno partorito una serie di proposte in questa direzione, segno ulteriore dell’interesse e dell’affetto della città per il Mulino Albani. Ripensato in modalità simili, il sito sarebbe potuto diventare una vera e propria porta di Fano, un punto d’approdo ideale, in grado di calamitare flussi in arrivo via treno, e da lì indirizzarli al resto della città, sia verso il centro storico, sia verso il mare; insomma un vero e proprio attrattore, con ricadute positive su ampie parti del tessuto urbano.
Come si è potuto non capire e sprecare l’enorme potenziale di un luogo del genere?
Non ci si venga a dire che il problema è che la proprietà dell’immobile non è pubblica (se lo fosse stata, sarebbe intervenuto il vincolo della Soprintendenza): è doveroso che, in sede di pianificazione urbanistica, il Comune individui le aree che possono giocare un ruolo nevralgico nel processo di trasformazione urbana e per l’idea di città che persegue e ne guidi – anche se non potesse gestirle direttamente – la vocazione.
La rigenerazione urbana è applicata ovunque, anche in Italia, perché nutre lo sviluppo locale: casi analoghi al Mulino Albani vengono prima recuperati dall’incuria e dal degrado, e poi trasformati in veri e propri hub dello sviluppo economico e sociale. Si preferisce recuperare il preesistente invece che rimpiazzarlo con il nuovo perché così non si cancellano le tracce di una comunità, ma al contrario si recuperano, si esaltano e si dà loro una nuova funzione. In tal modo si rafforza il senso identitario della comunità, si mette in luce un patrimonio storico e culturale che, anche quando appare minore, tocca in realtà corde profonde di ciò che è la città.
Con la classe politica degli ultimi vent’anni, Fano sembra aver perso la capacità di scrivere una qualsiasi storia, sembra semplicemente in balìa degli eventi. Noi, invece, pensiamo sia decisamente arrivato il momento di ricominciare a scriverla in prima persona, la storia di questa città. Riscoprendone il valore, non cancellandolo.