Il dibattito sull’arretramento della ferrovia adriatica è circondato da un caos primordiale in cui, a fronte di pochissime certezze, si spendono troppe parole, spesso fondate sul nulla, senza mai interessare gli organi istituzionali di indirizzo politico.
Di fronte alla possibilità di realizzare un’opera di tali dimensioni e ricadute, ribadiamo che è inaccettabile rinchiudersi nelle segrete stanze con pochi interlocutori selezionati. Al contrario, occorrono il massimo coinvolgimento di un intero territorio e piena trasparenza nei processi decisionali. L’errore più grande che si può fare in questa fase è piegarsi a una narrazione imposta unilateralmente dal Sindaco Ricci, anziché chiedersi quali siano gli interventi infrastrutturali più utili per la linea adriatica.
L’approccio subalterno alle esigenze elettorali del “Re Sole” pesarese porta oggi a ragionare su un ritorno dei binari nella linea attuale all’altezza di Metaurilia: quale sarebbe la differenza rispetto allo scempio annunciato in prima battuta per Fosso Sejore? A nostro avviso, nessuna.
Colpisce anche la totale insensibilità verso la tutela del nostro paesaggio collinare dimostrata da alcuni amministratori comunali (in primis Fanesi), anche se non è una sorpresa, vista la fermezza incrollabile sulla variante di Gimarra.
Ecco perché, di fronte a questo schema mentale asfittico, bisogna sparigliare le carte e chiedere a gran voce che gli enti sovraordinati, come Provincia e Regione, si prendano la responsabilità di mettere in piedi un dibattito vero, ufficiale, informato a cui possa partecipare tutto il territorio.
La prospettiva di una nuova stazione a Chiaruccia – dove sembra esserci spazio per tutto, come nella valigia di Mary Poppins – quanti passeggeri farebbe perdere al trasporto sostenibile su ferro e quanto farebbe aumentare invece il traffico motorizzato e inquinante?
Eppure, rispondendo a una interrogazione della consigliera regionale Ruggeri, l’assessore Baldelli era stato chiaro nel dichiarare che l’interlocuzione tra Regione e Ministero non verteva più su un arretramento tout court della ferrovia, ma sulla possibilità di realizzare una nuova linea per merci e lunga percorrenza, mantenendo quella attuale per il trasporto pubblico locale.
Ancora, sembra che il progetto originario di RFI, prima che arrivassero le solite intromissioni politiche, fosse di interrare il tracciato tra Pesaro e Fano nord mantenendo le stazioni dove sono: forse è il caso di approfondire anche questa ipotesi?
Noi crediamo di sì, perché gli 1,8 miliardi di euro destinati alla Regione Marche sono un patrimonio che non possiamo permetterci né di perdere né di sprecare per opere sbagliate e dannose.