L’amministrazione regionale di destra si era insediata 4 anni fa con i migliori auspici e promesse di cambiamento. Il Rendiconto generale della Regione relativo all’anno 2023, che andrà in approvazione domani nell’Assemblea legislativa regionale, è la fotografia dell’attuazione delle politiche regionali, ed ancora una volta certifica che la svolta efficentista c’è stata solo nella propaganda di qualche solerte assessore, mentre nella realtà nessun beneficio è arrivato ai cittadini dal cambio di amministrazione, ma solo delusioni.
La Corte dei Conti, nel suo giudizio di parifica, ha evidenziato molte criticità.
A partire dal mancato rispetto dei programmi di spesa per le opere pubbliche, un fenomeno che assume oggi una grande rilevanza, perché dalla tempestività nella realizzazione dei programmi di spesa dipende la corretta gestione dei fondi provenienti dal PNRR ed il riconoscimento della spesa stessa da parte della Commissione Europea. Se non saranno completati e rendicontati nei termini previsti, gli investimenti finanziati dai fondi del PNRR rischiano di rimanere a carico del bilancio regionale, con grave pregiudizio per l’equilibrio delle finanze della Regione e della sua capacità di spesa corrente per i servizi ai cittadini.
La Corte dei Conti ha evidenziato ritardi anche nell’attuazione degli interventi per la ricostruzione ed il rilancio dei territori colpiti dal sisma degli anni 2016 e 2017. A tutto il primo semestre 2024 la percentuale di stato di attuazione degli interventi pubblici programmati è ferma al 6,1%. Particolarmente penoso è il capitolo dell’edilizia scolastica, dove al 30.06.2024 su un totale di 164 interventi previsti ne risultavano completati solo 3.
Molte le critiche anche sulla gestione degli Enti e società partecipate della Regione, a cominciare da ATIM, la cui gestione è stata definita dalla Corte dei Conti “un coacervo inestricabile di direttive ed indirizzi, spesso difficilmente inquadrabile in un lineare ed idoneo contesto programmatorio, normativo e amministrativo”. Rapporti tra Regione e ATIM che “oltre a mostrare profili di inefficienza, fanno emergere il mancato rispetto di basilari principi contabili in tema di programmazione e rendicontazione, e denotano una condotta dell’Amministrazione regionale elusiva dei principi di veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità del bilancio dell’ente territoriale”. Non stupisce se, date queste premesse, ci tocca leggere sui giornali notizie di affidamenti diretti di servizi ad aziende per importi che farebbero sospettare un uso disinvolto delle risorse regionali.
Ma fallimento maggiore, ancora una volta, riguarda la gestione dei servizi sanitari, competenza principale delle regioni.
Sulle liste d’attesa, la Regione Marche ha speso 9 milioni di Euro nel 2023 e 13,2 milioni nel 2024 per finanziare il Piano Operativo Regionale per il recupero delle liste d’attesa, anche aumentando gli acquisti di prestazione ospedaliere e di specialistica ambulatoriale dagli operatori privati. Nonostante la supplenza della sanità privata, il riassorbimento dei ritardi accumulati nel periodo pandemico sulle prestazioni sanitarie è avvenuto solo in minima parte. Molto poco, in particolare, sulle prestazioni ambulatoriali, come ben sanno i cittadini che si sono trovati nella necessità di dover prenotare al CUP una visita specialistica o una prestazione diagnostica.
La sezione di controllo della Corte dei Conti ha segnalato la situazione preoccupante delle liste d’attesa degli screening oncologici. A fronte di una quota di recupero programmata del 96%, nel 2023 si è registrato a consuntivo un’evasione di solo il 34% delle oltre 35 mila prestazioni in lista di attesa. Anche l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari (AGENAS) certifica che le Marche occupano l’ultimo posto in Italia per le prestazioni specialistiche ambulatoriali ed il penultimo per le prestazioni diagnostiche di laboratorio.
Non vi sono dubbi che questi dati fotografano un deficit di prevenzione delle malattie gravi, che andrà ad incidere negativamente sia sulle spese sanitarie future, sia, purtroppo, sulla mortalità.
La difficoltà a garantire la tempestività delle prestazioni sanitarie incide anche sul saldo negativo della mobilità, ovvero il ricorso dei cittadini a prestazioni sanitarie fuori dalla regione di residenza. Un circolo vizioso che peggiora di anno in anno, dal quale questa amministrazione regionale, al di là dei proclami, non è assolutamente in grado di uscire.
Il saldo finanziario relativo alla mobilità dell’anno 2023, infatti, è negativo per 39,8 milioni di Euro, in netto peggioramento rispetto ai 26,5 milioni dell’anno precedente. Il dato disaggregato è particolarmente negativo per l’Azienda Sanitaria Territoriale di Pesaro e Urbino, dove il saldo tra le entrate e le uscite derivanti dalla mobilità è stato negativo per 47,6 milioni di Euro.
L’evidente carenza di organico in tutti i settori dell’assistenza sanitaria, in particolare nei servizi di emergenza e urgenza, oltre ad alimentare i disagi a danno degli utenti di cui quasi quotidianamente leggiamo nella stampa locale, ha ulteriormente incrementato il ricorso ad appalti esterni a favore di cooperative che forniscono medici e paramedici a contratto (i famosi “gettonisti”) con costi decisamente più alti rispetto alle retribuzioni del personale sanitario del servizio pubblico. La spesa complessiva per questi servizi esterni è aumentata in maniera abnorme nel 2023, superando i 20 milioni di Euro a fronte dei 4 milioni di Euro del 2022. L’inefficienza della gestione della sanità pubblica costituisce fonte di fatturato per la sanità privata convenzionata, oltre ad aumentare quello della sanità privata non convenzionata cui i cittadini marchigiani con grandi sacrifici sono spesso costretti a rivolgersi se vogliono tutela la loro salute.
Questo quadro drammatico certifica l’inadeguatezza di questa amministrazione regionale di destra a governare la sanità con efficienza e a garantire servizi sanitari pubblici di qualità e gratuiti a tutti coloro che ne hanno bisogno, come prevede l’articolo 32 della Costituzione della Repubblica.
Marta Ruggeri, capogruppo del M5S in consiglio regionale e relatrice di minoranza