Marco Labbate
Sono nato a San Donà di Piave nel 1984 da padre pugliese e madre romagnola. Vivo a Fano da quando avevo otto anni. Posso dire che l’Adriatico è la mia prima casa.
Ho studiato al Liceo Classico “G. Nolfi”, poi mi sono laureato in Scienze Politiche all’Università di Urbino. Nel 2012 sono stato vincitore di borsa presso il Seminario di Studi e Ricerche Parlamentari “Silvano Tosi” di Firenze e lì ho lasciato un altro pezzo di cuore. Ora sono dottorando di ricerca all’Università di Urbino in “Storia dei movimenti e dei partiti politici”. Ho collaborato per molti anni con alcune associazioni fanesi nell’area sociale e culturale: con L’Africa Chiama prima e poi con il settore pace e mondialità della Caritas Diocesana. Ad essere sincero il bilancio di queste esperienze è più in attivo per me che per loro: ho dato loro poco e ho imparato molto. Dal 2011 al 2013 sono stato Presidente della Consulta della Cultura di Fano. Sono in Bene Comune da sei anni. Alla base del mio impegno politico, sta in qualche modo la storia della mia fede (non si confonda questa mia affermazione con una rinuncia alla laicità come valore: “laicità” non vuol dire rinunciare alle proprie radici, bensì non assolutizzarle, non rendere la propria interpretazione del mondo, la cifra indiscutibile della propria azione pubblica). E’ dal vangelo che ho per esempio appreso il valore della “giustizia. Bene credo che la politica non serva a nulla se non si pone come primo obiettivo quello di ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie che la società genera. Dentro Bene Comune trovai una straordinaria volontà di giustizia e una quantità notevole di competenze messe al servizio della società. Questo gruppo rimane per me la prima matrice della mia identità politica. L’alleanza con il Movimento Cinque Stelle di Fano è stata poi una conseguenza naturale. Su troppe cose si parlava una lingua comune.
Spiegarvi in breve la mia immagine di città è facile. In realtà non è mia: sta tutta in quella seconda parte dell’articolo 3 della Costituzione che Calamandrei, in una celebre lezione ai giovani definiva l’articolo “più importante” e “più impegnativo”. Se è compito della Repubblica << rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana >>, lo deve essere, con i limiti delle sue competenze, anche di un’amministrazione comunale. Dentro quest’articolo, si può immaginare una città. La cosa impegnativa è poi fare di ciò una stella polare a cui tendere ogni giorno. Ma senza questa idea, senza questo cuore pulsante, allora la politica muore e marcisce.